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      Ragionano quelli, e sforzano questi: ma la verità, allorchè vien presentata sotto forme intelligibili da ogni classe di uomini, può penetrare in ogni uomo, e diventa ella quindi propria di tutti: all'incontro la forza del principe, che per via del timore penetra pur anche nel cuore di tutti, e l'abborrimento e la rabbia vi genera, in chi sta ella riposta questa sì temuta forza, fuorchè nel volere di tutti, o dei più? Ora, io domando; Come potrà esser mai, che i tutti, od i più, conoscendo essi appieno la ragione ed il vero, vorranno pure far male, paura, e danno a se stessi, per giovare ad un solo? il qual uno, dalla stessa ragione vien loro rappresentato e dimostrato pel loro primo oppressore e nemico: ed impotente, e sprezzabile, e risibil nemico, ogniqualvolta i tutti, od i più, con la loro ignoranza e cecità non lo avvalorino essi soli. Tali per l'appunto venivano reputati i re da ogni più infimo popolano di Roma nei tempi sublimi della repubblica: e di un così retto giudizio cagione sola ne era pur l'opinione, la quale, per via di libertà e dei tribuni, era stata infino nei più infimi felicemente trasfusa. La ragione dunque e la verità, per via di scrittori penetrando infino al più infimo di noi, tosto verremo a riguardare i re tutti per quello appunto ch'ei sono. E in una moltitudine d'uomini, dal veramente conoscere i proprj diritti al ripigliarseli e difenderli, egli è brevissimo il passo.
      Ma tanta, a parer mio, può essere l'influenza degli eccellenti scrittori su la opinione, ch'io ardisco asserire, che se Roma, oltre i salutari censori che tanto l'accrebbero, e tanto ne prolungarono là virtù e la vita, avesse anche instituito con grandi onori un magistrato composto dei più sublimi scrittori riconosciuti già tali, e consacrati d'allora in poi unicamente allo scrivere; e se, mostrando così di farne grandissima stima, avesse Roma rivolto una parte dei sublimi naturali ingegni a ricercare la gloria scrivendo; così fatti magistrati scrittori, coi libri loro più durevoli e convincenti che le tribunizie concioni nel foro, avrebbero combattuto in tanti modi e con sì forti armi il nascente lusso, la insaziabile avidità d'impero, la venalità dei magistrati, e tutti gli altri abusi in somma che a precipitosa rovina la traevano, che la vera repubblica sarebbe forse durata assai più. E di grazia si rifletta, che se a Cesare già oltre il Rubicone varcato altro più non si poteva opporre che armi civili, o servile obbedienza; a Cesare giovinetto ancora, agli individui degli eserciti suoi, come altresì a Mario a Silla ed ai loro eserciti, e, più tempo addietro, alle violenti risse dei Gracchi; a tutte queste rovinose pesti si sarebbe forse potuta vittoriosamente opporre la forza della sana opinione, se maestrevolmente ella fosse stata conservata, rinnovellata, e corroborata dai continui ed alti insegnamenti della ragione e del vero, che sotto infinite forme fatti penetrare dai molti eccellenti scrittori fin nel più infimo cittadino di Roma, tutti nel dritto sentiero rattenuti più a lungo gli avrebbero.


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Del principe e delle lettere
di Vittorio Alfieri
Dalla Tipografia di Kehl
1795 pagine 165

   





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