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      Adocchiando attentamente, riconobbi tra essi il nostro Ambrogio Viarenna, quell'eccellente lavoratore di drappi di seta, che avea, se vi ricorda, un opificio presso Porta Tosa, e di cui nostro padre era sì stretto amico: corsi a lui e l'abbracciai, ed ei ravvisatomi, fecemi sì gran festa come se veduto avesse un proprio figliuolo. Gli spiegai le mie bisogna, e intese che l'ebbe, mostratosi pronto a servirmi, mi condusse da certo messere Giuliano Buonacorsi tesoriere reale, il quale, cortesemente accoltomi siccome gran conoscente del Viarenna, diedemi intorno al Cardinale ogni novella, e dissemi ch'ei trovavasi colla Maestà del Re a Fontanablò, ma che gli avrebbe fatto quivi immantinente parlare di me. Il mattino del dì seguente feci dal Viarenna presentare in mio nome il tesoriere d'una ricca veste di seta, e la sera stessa il Cardinale mandò per me un suo Prete, dicendo mi recassi il dì venturo a Fontanablò. Vi andai di buon'ora, fui tosto introdotto dal Cardinale, che abitava in un lato di quel sontuoso palazzo, gli consegnai le lettere di Giovan Angelo, e gli esposi l'oggetto di mia missione. Egli, cortesemente uditomi, mi rispose increscergli gravemente dovermi annunziare che la mia ambasciata non poteva riuscire a buon fine; che le mie proposizioni sarebbero state in altri tempi più che mai accette e grate al Re ed alla Corte, dove si aveva gran desiderio di rinnovare la guerra in Italia per scancellare con prove di valore l'onta ricevuta dal nome francese sotto Pavia per la prigionia del Re, che questi specialmente manteneva sempre viva la brama di ricuperare lo Stato di Milano, di cui aveva assunto titolo sovrano nella sua consacrazione, tenendo per fermo d'averne un diritto ereditario siccome discendente da Valentina di Valois figlia di Giovan Galeazzo Visconti: ma che però in quel momento non verrei al certo ascoltato, poichè s'era appena conchiusa una pace solenne con Carlo V, essendosi in segno d'amicizia celebrate le nozze di re Francesco con Eleonora sorella di Carlo, che trovandosi per tal modo le due Corti strette in perfetta alleanza, non potevasi nè conveniva violare sì tosto i trattati rompendo ogni fede, e mettere i due Stati in urto, il che sarebbe indubitatamente avvenuto accedendo a ciò ch'io veniva domandando, poichè sapevasi che l'imperatore Carlo protegge lo Sforza attuale duca, che d'altronde erasi precisamente stipulato che nessun esercito francese dovesse per qualunque motivo discendere in Italia: consigliavami quindi ad abbandonare l'impresa e ritornarmene, attendendo per essa più opportuna occasione.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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