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      Lo stesso Bernardo di Chiaravalle n'è pieno. Quando nel 1151 gli arcivescovi di Colonia e di Magonza «contro i quali bolliva un gran processo», venuti a Roma carichi di denaro per comprare la grazia della Corte, se ne tornarono a casa coi loro denari e senza avere ottenuto nulla, Bernardo esclamò, scrivendo al Papa stesso: Cosa nova davvero. Quando mai sinora Roma ha rimandato il denaro? Ebbene, io non credo che neanche ora ciò sia accaduto per consiglio dei Romani. Egli racconta altrove d'un legato pontificio, che passa di gente in gente lasciando dappertutto turpi e orride vestigia di sé; spogliando le chiese; promovendo, dove può, i fanciulli piú belli alle dignità ecclesiastiche; dove non può, tentandolo. E ricordo alcune parole di lui piene di malinconia, dove prega Iddio che gli lasci vedere, prima di morire, una Chiesa pura e immacolata. Sicché s'osservi che dov'egli parla d'Arnaldo, pure investendolo fierissimamente, non lo accusa mai di muovere censure troppo acerbe contro gli ecclesiastici di qualunque grado. E del pari coloro i quali c'informano di questo punto della predicazione d'Arnaldo, dicono che egli esagerasse, ma non già che dicesse il falso. Anzi Guntero osserva che se non ci fosse stato molto di vero nelle parole sue, non avrebbe tirato seco nessuno; poiché il falso non ha questo potere.
      Ma Arnaldo andava piú innanzi; e qui certo né Bernardo né altri che non volesse prendere attitudine di piena opposizione alla Chiesa, non solo romana, ma universale, l'avrebbe seguito.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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