Il sospetto di contagio religioso indusse il vescovo di Como sin nel 1523 a spedire in Valtellina un fra' Modesto inquisitore; ma ne fu respinto, e si stanziò che nessun inquisitore entrasse più su quel territorio. Il clero e i cattolici zelanti non cessarono di opporsi singolarmente a cotesto accogliere i profughi d'Italia; frati e particolarmente cappuccini assai venner da Milano e da Como a predicare la verità. Nel 1551 si domandò l'attuazione di una legge antica, per cui nessun profugo o predicatore evangelico potesse rimanere più di tre giorni in Valtellina. Antonio Planta governatore, benché riformato, temette il furor del popolo e consentì la domanda, ma la dieta rinnovò il suo primo editto.
Poi nel 1557 rese un decreto che fu messo fra le leggi fondamentali per cui si permetteva di predicare il Vangelo in tutta la Valtellina e nei contadi. Dove vi fosser più chiese, una si attribuisse ai riformati; dove una sola, servisse ai due culti; i ministri protestanti fossero abili a tutti gl'impieghi; nessun ecclesiastico straniero potesse dimorarvi se non dopo esame ed autorizzazione del sinodo pei protestanti, e del vescovo di Coira pei cattolici. I riformati non fossero tenuti a osservar le feste dei cattolici.
II pastore della ricca chiesa di Chiavenna ebbe un terzo delle rendite della cattolica; gli altri almen 40 scudi, prelevati sui benefizi degli assenti o della parrocchia. Altre chiese v'erano a Tirano, Regoledo, Mello, Morbegno, Dubino. Più tardi se ne posero anche nel contado di Bormio, e pare che almeno venti ne esistessero in Valtellina, tutte servite da rifuggiti italiani.
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