Non è mestieri vi dica a quanto dispetto dei Cantoni riformati, che si vedevano piantato nel cuore un nemico attento ed operoso. Ma del Borromeo il principal desiderio, dice il Bescapé, "era volto alla Valtellina, sì per la vicinanza che essa ha con noi sì per gli ingegni svegliati di quei popoli, non pure all'erudizione adatti, ma alla probità altresì proclivi, che soleva esso Carlo non mediocremente lodare". Procurò dunque stabilirvi i Gesuiti che, sostenuti da Antonio Quadrio medico di Ferdinando d'Austria, si posero a Ponte, guidati dal padre Bobadilla, tanto celebre nella storia della celebre compagnia. I Grigioni li sbandirono come forestieri, ond'essi vennero a collocarsi a Como.
Trovandosi poi il cardinale, nel 1580, in Valcamonica per secondare le istanze del vescovo Volpi, passò pei Zapelli d'Aprica(31) in Valtellina, sotto apparenza di un pellegrinaggio alla Madonna di Tirano, tempio sontuoso per edifizio e celebre per devozione, ove, malgrado del divieto, il giorno di sant'Agostino fu ricevuto con solennità di rito, non meno che d'affetto, anche dai Protestanti. Sigismondo Foliani, bormiese, gli recitò un'orazione in cui (come solevano tutti allora e molti adesso) non dice che parole(32). Egli poi, il cardinale, edificò la concorsa folla coll'esempio, collo speciale studio di carità e di prudenza, e con un discorso animato da quella fede che vince ogni errore e dall'eloquenza di chi parla dalla pienezza del cuore. Aveva egli saputo ottenere che i Cantoni cattolici mandassero una delegazione a proteggere gli affari degli ortodossi valtellinesi alla Dieta dei Grigioni, ma non ne avanzò gran fatto.
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