In quella valle, san Carlo trovò abbondare scolari del Vergerio e di Pietro Martire Vermiglio ed esservi (scriveva al cardinale Sabello) il nome di cattolici, non i costumi, né la credenza. V'avevano tenuto casa i novatori Frontano e Canossa. Poc'anzi v'era morto Lodovico Besozio, scolaro del Frontano(37) migliore del maestro: era frequentissimo il contatto colla val di Reno, tutta già calvinista. Singolarmente vi si segnalavano, per odio ai Cattolici, Francesco Luino, che da trent'anni era colà, un figlio del Frontano e due o tre altri le cui mogli sono veri mostri d'inferno. Stava a capo delle cose sacre un frate, disertore dell'ordine e della religione che seco traeva una femminaccia e quattro suoi figliuoli: poco di meglio erano gli altri preti. Borromeo coll'amorevolezza, coll'inquisizione, col pregare, coll'insegnare, col largheggiare, si conciliò gli animi: e Dio ne prosperava le fatiche in pro delle anime, con fatti d'ammirabile riuscimento. Si mise poi per la val Calanca, ove conobbe cinquanta famiglie cadute in eresia e ventidue maliarde. Era sua mente drizzarsi a Coira indi, nel ritorno, visitare Chiavenna e la Valtellina. Ma, saputo che la sua comparsa non sarebbe sentita bene, dovette voltare a Bellinzona, dove trovò folta ignoranza delle cose di Dio, ed un vivere non punto meglio del credere: matrimoni incestuosi, usure smodate, conculcati i diritti del clero, sacerdoti simoniaci e viventi in pubblica disonestà. Ho letto varie delle omelìe ivi da lui recitate, onde può trarsi argomento e dello stato di quel paese, e dello zelo che il santo vi adoprò, dimorandovi sino al 15 dicembre, ove eresse anche una prebenda per mantenere un maestro, lasciò un catechismo compilato apposta dal gesuita Adorno, ridusse a compimento il collegio d'Ascona.
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