Ci fu veduto come, fra i Grigioni, tutto andasse in brighe di potenze straniere; fra le quali si dimenticava l'interesse della patria. Gli ambasciatori francesi, con disapprovare la lega fatta coi Veneziani, caddero in sospetto di esser d'accordo colla Spagna: sicché l'ambasciatore Gueffier, denigrato dai predicanti, dovette fuggire negli Svizzeri: quinci lamenti e turbolenze, fra le quali pigliavano il sopravento i predicanti, venuti ormai il tutto del governo, come succede ai pochi che schiamazzano mentre i più stanno savi e tranquilli. E avendo intesa con Zurigo, Berna e Ginevra, non cessavano di gridare doversi far nello Stato una sola religione, essere violate le costituzioni poi bocconi stranieri, si operasse una volta efficacemente a rintegrare la libertà, riformare il governo e simili altre parole, che sempre discendono grate nelle avide orecchie della plebe. Fidati nel favore di questa, sotto Gaspare Alessi ginevrino predicante di Sondrio, accozzarono un loro concilio prima a Chiavenna presso Ercole Salis, uomo per servigi ed ingegno in gran nome, poi a Bergun, paese romancio alle falde pittoresche dell'Albula. Ivi dichiararono la fazione spagnuola funesta alla Rezia ed alla religione, micidiale l'alleanza di Francia, buona quella sola di Venezia: e si concertarono sul come dar superiorità alla parte loro.
Consiglio di volpi, tribolo di galline. Quei predicanti, presa dall'operare audacia all'operare, corsero intorno gridando contro gli Austriaci, e che v'erano maneggi per quelli, e che il governatore di Milano aveva disseminato danari per la Valtellina, e che per reprimerla si doveva stabilire il tribunale inquisitorio, il quale correggesse la costituzione venuta omai in gran punto.
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