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      L'uno il fu, l'altro il sarebbe stato, perchè non è permesso a ciascuno di credere e professare ciò che vuole.
      «L'Inquisizione non gli imputa le credenze luterane; ma d'aver assomigliato lo Spirito Santo all'anima del mondo; l'ispirazione sacra alla vita dell'universo: paragonati Mosè, i profeti, gli apostoli, Cristo ai magi, agli jerofanti, ai legislatori politeisti, levando ogni barriera fra il popolo santo e gli etnici; ammetteva molti Adami come molti Ercoli; credeva, o almeno (poichè amator del paradosso) sosteneva la magia, e per mezzo di essa aver operato Mosè e Cristo. Che se egli per magia intendea forse la cognizione delle leggi naturali, l'Inquisizione non avea torto di dire che, elevandola così, turbavasi l'intera società, riconosceasi a Belial il potere di sovvertir tutta la Chiesa, attaccavasi la religione nelle coscienze».
      Molte asserzioni fisiche del Bruno parvero tanto assurde, che l'Inquisizione neppur si badò di confutarle: come quelle sugli atomi, sulle monadi, sulle macchie del sole; la pluralità dei mondi infiniti parve bestemmia, e l'udirgli parlare di «miriadi di mondi, un concilio di astri, un concistoro di stelle, un conclave di Soli, un tempio dell'universo, un libro aperto dall'oriente all'occidente, e in tutte le lingue del creato». Udendo che la terra non dipende dalla Provvidenza, ma da leggi impreteribili; che la nostra specie, redenta da Cristo, non è lo scopo della creazione, ma abita un de' mille pianeti, il quale non è centro del sistema, ma lanciato nello spazio come gli altri, sgomentavasi l'angusta religione; scandolezzavasi quando il Bruno sosteneva che il sistema di Tolomeo, «piccolo come il cervello d'un peripatetico», restringe l'immensità di Dio, pel quale vuolsi un universo «senza margine»; il cielo non esser diverso dalla terra; noi abitanti, d'un pianeta, siam nel cielo.


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Gli eretici d'Italia
Volume Terzo
di Cesare Cantù
Utet
1866 pagine 895

   





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