E per verità carattere del Bruno è l'esame individuale, che per unico criterio accetta l'evidenza: fu il primo che contemplasse il mondo da puro metafisico, ricercando, come oggi dicesi, l'assoluto; senza curarsi dell'esperienza, indagò le cause de' fenomeni non nella materia stessa, bensì nel lume interno, nella ragion naturale, nell'altezza dell'intelletto, avventurandosi a divinazioni talora anche fortunate sopra i moti delle stelle fisse, la natura planetaria delle comete, l'imperfetta sfericità della terra, mentre altrove divaga negli spazj infiniti, pieni di mondi splendenti di luce propria, sognando anime del mondo, e relazioni dell'intelligenze superne coll'universo, per istabilire l'armonia di tutte le cose fra loro. Come Schelling coll'astrazione padroneggia le meraviglie visibili e invisibili, dove si confondono il creato e l'increato: ma negando però l'intuizione dell'assoluto, differisce da Schelling, il quale afferma che l'assoluto viene nel nostro intelletto alla coscienza di sè: laonde vuol trovare la certezza nell'unità dell'essere colla scienza, cioè nell'identità di tutte le cose e di tutte le idee in sè e fra loro. Mentre il Bruno non volle far che un sistema ontologico, Schelling lo accetta, ma pretende identificarlo col pensiero, in modo che la coscienza attesti l'identità di tutti i contrarj nell'assoluto.
Mente solitaria e passionata, il Bruno ha pensieri suoi come suo stile, mescolato di sublime e triviale, d'inni e d'improperj. Ingegno vago, paradossale, grande e strano, coltivando la filosofia come una religione, combattendo la Scuola che confondea colla Chiesa, bello, melanconico, bollente come il patrio Vesuvio, non sapea bene quel che volesse, mancava del sentimento della realità, che fa sagrificar le forme al fondo e non volea nascondere o temperar la propria opinione, comunque repugnante dalla universale.
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