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      Io nacqui a debellar tre mali estremi,
      Tirannide, sofisma, ipocrisia:
      Stavano tutti al bujo, io accesi il lume95.
     
      La fede può tutto: nulla è impossibile al credente, pensava egli: e più l'animavano i delirj astrologici, perocchè dic'egli stesso; «degli astrologi un tempo fui nimicissimo, e in gioventù scrissi contro di loro, ma dalle mie sventure imparai che molte verità scoprono essi»96. Computando sulle nuove scoperte celesti, avea veduto come certe grandi innovazioni succedono nel mondo ogni ottocento anni. Una fu al tempo di Cristo; e ora stavano per compiersi la seconda volta gli ottocent'anni97, sicchè si attuerebbe una civiltà religiosa, che fosse il regno della ragione eterna nella vita dell'umanità.
      Con tali persuasioni è facil credere che tentasse qualche novità: più facile che ne venisse sospettato; novità diretta a sovvertire la dominazione spagnuola in Calabria, benchè dappoi fosse lodatore esagerato degli Spagnuoli: e traendo divinazioni dagli astri, dall'Apocalissi, da varj santi, insinuava che nel 1600 accadrebbero grandi rivolture nel regno di Napoli. Fosse egli motore o stromento, si formò infatti una cospirazione di trecento frati e quattro vescovi. Faceano la propaganda delle sue speranze frà Giambattista di Pizzoli, frà Pietro di Stilo, frà Domenico Petroli di Strignano e altri venticinque Domenicani del convento di Pizzoli, fra cui principalmente frà Dionigi Ponzio, che smaniava di levar tumulto per ammazzare certi frati che aveano fatto ammazzar suo zio: e che valeasi delle parole del Campanella; poi preso, riuscì a fuggire, e si fe turco.
      Costoro trovarono ascolto ne' casali e tra le famiglie di Catanzaro, di Squillace, di Nicastro, di Cerifalco, di Taverna, di Tropea, di Reggio, di Cassano, di Castrovillaro, di Sant'Agata, di Cosenza, di Terranova, di Satriano, insomma in quasi tutta Calabria.


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Gli eretici d'Italia
Volume Terzo
di Cesare Cantù
Utet
1866 pagine 895

   





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