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      [...]
     
      Dunque riassumiamo:
     
      - È provato che l’onorevole Crispi dal 1889, “come Presidente del Consiglio conobbe la situazione della Banca Romana, qual era, dalla relazione Biagini” cioè conobbe i reati da Corte d’Assise in essa descritti “ma credé opportuno di passarli sotto silenzio”.
      - È provato che tenendo in pugno con un siffatto segreto, acquisito per ragion del suo ufficio, l’istituto e il governatore colpevole che non poteva perciò nulla rifiutargli, (e questa è la circostanza per la quale il caso del signor Crispi è enormemente più scandaloso e più grave di quello di tutti gli altri deplorati, i quali bensì pregavano favori illeciti, ma non avevan armi in mano da imporli) il signor Crispi onestamente se ne valse per farsi scontare effetti sopra effetti di favore, che ancora al 20 dicembre ‘92, mentr’egli salvava nella Camera il Tanlongo, ammontavano a L. 55.000, (senza contar le 50.000 estorte per l’elezione del V collegio di Roma e senza contare le altre sofferenze di famiglia); e se ne valse, inoltre per obbligare il governatore, che era, come vedesi, alla sua mercé, ad altri uguali favori ai propri intimi. [...]
      - E provato che appena ebbe il 20 dicembre ‘92 col suo discorso nella Camera salvato l’Istituto e il governatore colpevole dalla inchiesta proposta da Colajanni, ne approfittò per farsi dar subito il 24 dicembre - oltre quelle che già doveva - altre lire 20.000 sapendo il governatore nell’impossibilità di negargliele.
     
      E se questi non costituiscono nella più precisa forma i reati di concussione e corruzione, contemplati alti articoli 169, 170 e 171 del Codice Penale, tutti e tre questi articoli si potrebbero cancellare dal Codice.


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Lettera agli onesti di tutti i partiti
di Felice Cavallotti
1895 pagine 82

   





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