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      In ultimo è di parere che una nuova edizione del Trattato del Cennini dovrebbe esser fatta su questo codice, come di più buona lezione del Laurenziano e più intero; ma noi in questo non siamo in tutto d’accordo, perchè la lingua del Codice Riccardiano è molto rammodernata, e risente assai del dialetto fiorentino.
      Mancando pertanto l’autografo del Cennini, e non essendo de’ due codici fiorentini ottimo nessuno, ma buoni respettivamente ambedue, ci è parso di non dovercene stare ad un solo, ricevendo nel nostro testo a mano a mano quella lezione che in ciascuno esemplare ci sembrò la migliore, non senza giovarci alcuna volta della stampa romana, la quale non era da gettarsi affatto da banda. Abbiamo tolto la divisione in parti, che il Tambroni seguitò nella sua stampa; perchè non ci parve che il conservarla avrebbe conferito in nulla alla intelligenza del testo nè alla bontà della edizione. Sicchè i capitoli vanno, com’è anche ne’ codici, di séguito con numero ordinale sino alla fine. Di moltiplicare le note al testo, non ci siamo voluti dare soverchia briga, e solo vi abbiamo fatto ricorso per certe varianze di lezioni che importava additare, o per dichiarar qualche passo di senso oscuro e impigliato per irregolare sintassi.
      La spiegazione dei vocaboli appartenenti all’arte, che l’editore romano rassegnò nelle note, noi abbiamo creduto più dicevole e più semplice, darla nello Spoglio delle voci posto in fine del libro. Ma c’è riuscito assai difficile il trovare a che cosa corrispondessero nella sostanza e nella nomenclatura talune di quelle parole tecniche che si riferiscono specialmente a’ colori; e con tutto che i lavori del Mérimée, dell’Hoefer, del Lefort, il Manuale del Miffaut e del Vergnaud, ci abbiano servito di molto aiuto, pure di talune spiegazioni ci confessiamo non sodisfatti del tutto e siamo rimasti sempre dubbiosi.


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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze
1859 pagine 275

   





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