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      Non c'era anima viva in tutto il territorio di Fontanetto e nei dintorni, che non conoscesse il Dottorino. Erano vent'anni che lo chiamavano così, dacché era giunto in paese col titolo di medico-condotto.
      Allora era un giovanotto sulla trentina, galante, allegro, compagnevole. Per distinguerlo dal suo predecessore, avevano affibbiato al nuovo venuto il nomignolo di Dottorino; anche un po' per vezzeggiativo; era tanto simpatico! Ed il nomignolo gli era rimasto sempre, malgrado gli anni ed i mutamenti avvenuti nella sua persona, che protestava tutta quanta contro quel diminutivo.
      Quando lo conobbi, poteva avere cinquant'anni; era alto, grosso, panciuto. Le spalle ampie, il collo forte, la muscolatura poderosa, la capigliatura folta e ruvida, dimostravano una costituzione robusta; ma un non so che di languido nello sguardo, la flaccidezza delle guancie, la parola lenta, esitante come se durasse fatica ad afferrare il pensiero, e la voce in falsetto, gli davano un aspetto più vecchio della sua età.
      Tuttavia codesto non lo rendeva meno piacevole, ed i signori del paese avevano sempre gran gusto d'avere il Dottorino alle loro serate ed ai loro pranzi; non al loro letto quand'erano malati però.
     
      Il Dottorino non ammetteva che un rimedio unico; il purgante; e lo ordinava per qualsiasi malattia. Quand'era chiamato per visitare un infermo, prima di uscire di casa, prima di sapere di che cosa si trattasse, cominciava a dire con sicurezza: «Ci vuole un purgante».
      Il più delle volte nominava l'effetto per la causa, e su quell'effetto diceva ogni sorta di burle, che tutto il paese conosceva e ripeteva.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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