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      Al contrario in questa letteratura gl'ideali sono mondi etici e filosofici e politici ed economici, staccati ed isolati, còlti nella loro astrattezza e perfezione scientifica, fuori dell'esistenza, e viventi come tali nello spirito del poeta. Essi entrano nella natura e nella storia, talora soprapponendosi ad esse e falsificandole, mescolandosi senza intima fusione con elementi positivi, talora ponendovisi dirimpetto, come opposizione inconciliata, come un di là a cui bisogna mirare, e più il poeta vi si studia e vi s'incalora, più l'ideale fa stacco, e rimane fuori della tela, rimane un altro nell'uno. Di che segue una composizione disordinata e concitata, che nell'armonica esistenza della storia introduce elementi satirici, polemici e rettorici, e crea un dualismo tra il dovere e l'essere, tra il mondo come lo concepisce il poeta e il mondo come la natura lo ha fatto.
      Questi fenomeni non sono già accidentali e capricciosi; sono diverse forme letterarie sviluppatesi tra le diverse forme sociali, le une riflesso delle altre. I posteri innanzi a questo dualismo oratorio, scettico, umoristico, lirico, indovineranno una società in trasformazione, dove il vecchio non è ancora sciolto, e il nuovo non è ancora formato. Lotta nella cosa, è scissura nella parola, né l'arte vi si potea sottrarre, né vi si potea sottrarre Manzoni.
      Ma l'ideale manzoniano ha un gran vantaggio. Esso non è già un mondo puramente spirituale vivente nella immaginazione di uomini colti, non ancora realtà, ma semplice aspirazione, perciò lirico, polemico, satirico, com'è l'idea in opposizione col fatto, ma è un vero organismo storico, ove l'ideale vive ne' più, alterato, pervertito, invecchiato, pure diversamente graduato, dal più basso al sommo della scala, da don Abbondio sino a Federico Borromeo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





Manzoni Abbondio Federico Borromeo