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      Perciò Machiavelli qualifica severamente l'appello allo straniero per mantenere l'Italia spezzata.
      Questi scrittori vanno più innanzi e si sforzano di distruggere la leggenda di Carlomagno, di quel Carlo tanto ingrandito dai frati, considerato come il principe più grande del Medio Evo. Essi lo seguono passo passo, fra l'altro constatano le violenze da lui commesse in Italia, mettendo in dubbio la donazione del patrimonio di San Pietro al papa. Leggete Giannone e vi troverete largamente sviluppate queste considerazioni.
      Manzoni si gitta negli studi storici, comincia a leggere cronache e trova la questione longobarda. Con che tendenze la esamina? Mette in un fascio Machiavelli, Muratori, Romagnosi, gli storici francesi e italiani del tempo (aveva letto Troya, non Savigny), fa la controparte dei loro risultati, giunge a conchiusioni contrarie. Dimostra che i Longobardi, stranieri, erano rimasti stranieri, avevano conculcata la gente conquistata, usurpate le terre del papa, il quale aveva diritto di chiamare Carlo non contro gli Italiani, ma contro gli stranieri. Ed ammettendo che i Longobardi avessero fatta l'unità d'Italia, non è lecito, per salvare le generazioni a venire, condannare le genti romane a subire le violenze dei Longobardi. Vedete in quale altro ordine di tendenze travasi il Manzoni negli studii storici. Gittato in mezzo a quelle idee, leggendo cronache, confutando Muratori con critica che si fa perdonare per la bontà, per la moderazione e per lo spirito, gli sorge l'idea di cavare da tutto quello una tragedia storica.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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