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      Vedreste quest'uomo entrare in iscena quando è all'epoca della sua potenza, circondato di amici e ammiratori e seguaci devoti: egli regala una corona a Filippo Visconti, è promesso sposo della figlia di lui. Magnifica entrata! E ci trovereste non solo la vita di Carmagnola, ma tutta la vita italiana, quando gli si mettessero accanto Pergola, Piccinino, tutti que' capitani di ventura che egli avea vinti, la figlia di Filippo e lo stesso Filippo, que' cortigiani e que' soldati. Così avreste en raccourci, in abbozzo tutta la vita italiana di quel tempo. In questo modo avremmo avuto un Wallenstein, uno di que' drammi come li sapeva concepire Shakespeare, un Macbeth, un Re Lear.
      La decadenza del Conte proviene non dal perché egli siasi mutato, ma perché si è mutata la situazione ed egli è rimasto lo stesso. E per seconda parte del dramma concepito in questo modo, avremmo tutto ciò che avviene a Milano, vedremmo il leone che si dibatte tra i lacci che gli tendono i cortigiani, e si rode nell'inerzia, di fronte a quel sospettoso Filippo Visconti: qui ci è tutto un soggetto di tragedia. Nella terza parte Carmagnola sarebbe a Venezia, ove egli non è mutato; il suo carattere non muta, invece s'inasprisce; e infine giunge alla catastrofe. In questo modo avremmo innanzi tutta la vita di una grande individualità, un risultato psicologico interessantissimo, una vita piena, ricca, che si svolge fatalmente, necessariamente fino alla catastrofe, sviluppata in tutte le sue fasi. E insieme con essa, come parte di questa totalità, la vita italiana di quel tempo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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