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      A proposito del secondo atto fa una magnifica osservazione. Ecco due eserciti che si guardano, l'esercito ducale e il veneto. I generali di Filippo Visconti sono riuniti in assemblea per deliberare se bisogna dare battaglia oppur no, e segue una lunghissima discussione: i pareri sono opposti, le tendenze diverse, manca la disciplina, si giunge a tale che un generale minaccia un altro dicendogli: - Tu mi hai offeso - . Nell'altro campo è il Conte il quale, in poche parole, da padrone assoluto, da dittatore, dà le sue disposizioni e tutti ubbidiscono e si preparano alla battaglia.
      Questo paragone fra i due campi fa presentire la vittoria dell'esercito veneto; e queste due scene in contrasto sono ben condotte dall'autore e ben rilevate da Goethe.
      Un'altra scena assai bella è quando il Senato invita il Conte a Venezia per allontanarlo dal campo, dai suoi soldati, e arrestarlo, e il Conte con la sua fatuità, tutto lieto si apparecchia a partire. - Vedrò mia moglie e mia figlia, egli dice; il Senato e il popolo mi accoglieranno come è loro dovere di accogliermi - . Ma Gonzaga che sa meno di lui, ma non ha la fatuità venuta dalla prospera fortuna, ha presentito l'inganno e ne parla al Conte. Questo contrasto tra un uomo d'ingegno inferiore a quello di Carmagnola, e che mostra maggior buon senso, e il generale a cui l'alterezza toglie il vedere chiaro, è ben condotto da Manzoni e ben rilevato da Goethe.
      Questi dunque non biasima nulla nella distribuzione delle scene: - I caratteri, egli dice, sono tutti eccellenti; non solo il principale, Carmagnola, ma, fa notare, anche quello del Doge che rappresenta la ragione di Stato, e sta al di sopra dei diversi pareri dei senatori, e li libra; al di sotto di lui sono Marino, in cui è personificato l'egoismo della patria, pronto a spezzare lo strumento pericoloso, e Marco che rappresenta le idee di umanità, di giustizia, di amicizia - . Goethe fa osservare come sono ben concepiti i due Commissari mandati dal Senato al campo per vigilare sul Conte: uno più ardito, espansivo, l'altro più rinchiuso in se stesso, più calmo, e furbo.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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