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      Desiderio non è più l'ideale del barbaro, ci trovate qualcosa che ispira simpatia, come l'amore verso Adelchi, la nobiltà di sentimenti, l'affetto per la sua nazione. Così Goethe loda che nell'Adelchi ai personaggi sia tolto quell'ideale fittizio che essi avevano nella poesia e nella storia, e sieno divenuti naturali, reali. Come lì, nel Carmagnola, non loda il poeta ma l'architetto, qui loda non il poeta ma lo storico.
      Se vogliamo considerare l'Adelchi come composizione storicamente drammatica, bisogna convenire che ci si trova la storia in quel progresso che i tempi portavano, progresso di cui Machiavelli è stato l'antesignano.
      È doloroso a dire: l'Italia è stata la creatrice della storia; quando Machiavelli fondava la storia moderna, gli altri popoli avevano appena cronisti. Da Machiavelli a Giannone, a Romagnosi, la storia è qui in continuo progresso. Ma nel secolo XIX in fatto di storia l'Italia è rimasta alla coda delle altre nazioni, non ha storici comparabili ai grandi di Germania, di Francia e d'Inghilterra. Abbiamo Balbo, Farini, La Farina, storici volgari, di poco conto, senza parlare del Botta che pei nostri tempi è un anacronismo.
      E che ha di particolare la storia moderna, come la concepisce Machiavelli? È bene rivolgerci questa dimanda per comprendere i pregi di questa composizione storica manzoniana. Machiavelli ha creato la storia obbiettiva, cioè la storia purgata da tutti gli elementi aggiuntivi dall'immaginazione, gli «elementi fantastici», metafisici, e ridotta a rappresentare quello che è avvenuto, ciò ch'ei chiamava la «cosa effettuale». E non si contenta di rappresentare la cosa effettuale nella sua esteriorità, l'azione pura; ma come sotto la carne si vede il sangue, così egli narra in modo che dall'azione si veda il movente che c'è sotto, ci si vedano caratteri, passioni, opinioni, istituzioni, da cui essa è stata originata.


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La letteratura italiana nel secolo XIX
(Volume Primo) Alessandro Manzoni
di Francesco De Sanctis
pagine 420

   





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