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      Eppure, per accorti che siano nel fingere, le orecchie di Mida, spuntando fuori da qualche parte, li tradiscono. Ingrati, per Ercole, sono anche quelli che, appartenendo in pieno alla mia parte, si vergognano a tal segno di fronte alla gente del mio nome, che lo attribuiscono genericamente agli altri come un grave insulto. Essendo in realtà costoro pazzi da legare proprio quando vogliono sembrare sapienti come Talete, potremo senz'altro chiamarli a buon diritto MORO-SOFI.
     
      6. Anche in questo, infatti, intendo imitare i retori del nostro tempo, che si credono proprio degli Dèi se, a mo' delle sanguisughe, mostrano due lingue, e considerano una grande impresa inserire nel discorso latino, come in un intarsio, qualche paroletta greca, che magari era proprio fuori posto. Se poi fanno loro difetto termini esotici, tirano fuori da pergamene ammuffite quattro o cinque termini arcaici con cui rendere oscuro il testo al lettore. Così chi riesce a capire è più soddisfatto di sé, e chi non capisce ammira tanto di più quanto meno capisce. Tra gli eletti piaceri dei nostri contemporanei, infatti, c'è anche questo: esaltare tanto di più una cosa, quanto più è straniera. I più ambiziosi ridono e applaudono e, come gli asini, muovono le orecchie, dando ad intendere agli altri di avere capito tutto. E' proprio così. Ritorno all'argomento.
     
      7. Il nome mio lo sapete, miei cari... Quale attributo aggiungerò? Quale, se non Arcifolli? Con quale altro più nobile appellativo potrebbe la dea Follia chiamare i suoi iniziati?


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Elogio della Follia
di Erasmo da Rotterdam (Erasmus Roterodamus)
pagine 124

   





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