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      Perciò il gran re Salomone non si vergognò di questa qualifica quando, nel trentesimo capitolo [Prov. 30, 2], disse: "Sono il più folle degli uomini". E san Paolo, il grande dottore delle genti, scrivendo ai Corinzi [11, 23], non disdegnò la denominazione di stolto: "Parlo, dice, da dissennato: sono io il più dissennato". Come se, essere superato in fatto di follia, fosse sconveniente.
     
      Qui mi danno sulla voce certi greculi meschini che s'ingegnano di cavare gli occhi alle cornacchie - cioè ai teologi del nostro tempo - spargendo in giro il fumo delle loro chiose ai sacri testi (e se il mio amico Erasmo, che molto spesso ricordo a titolo di merito, non è l'alfa [il primo] della schiera, certo è il beta [il secondo]). Che razza di citazione pazzesca - dicono - proprio degna della Pazzia in persona! L'Apostolo intendeva una cosa ben diversa dai tuoi vaneggiamenti. Con le sue parole non cerca di farsi passare per più stolto degli altri; ma, avendo detto in precedenza: "Sono ministri di Cristo; e anch'io lo sono", ed essendosi così collocato, con una punta d'orgoglio, alla pari con gli altri, rettifica: "ma io lo sono anche di più", perché nel ministero del Vangelo sente di essere, non solo alla pari con gli altri Apostoli, ma un poco al disopra. Tuttavia, volendo che l'affermazione suonasse vera, senza peraltro urtare gli ascoltatori con un eventuale sospetto di presunzione, adottò la follia come copertura, e disse "parlo da dissennato", perché sapeva che dire la verità senza offendere nessuno è privilegio dei soli pazzi.


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Elogio della Follia
di Erasmo da Rotterdam (Erasmus Roterodamus)
pagine 124

   





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