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      LONDRAAgosto 1851
     
     
      PROEMIO
     
      La rivoluzione è il trionfo della filosofia chiamata a governare l'umanità. Fuori della filosofia non v'ha rivoluzione; la ragione non è libera, la scienza non è padrona; il culto è il principio supremo della società, domina la ragione, detta le leggi e governa l'umanità. Ognuno intende per quella di Francia; ognuno sa che la Francia dirige la rivoluzione. Qual deve essere la filosofia della rivoluzione?
      Era quella di Locke. Essa vinceva il cristianesimo e trasportava sulla terra il destino dei viventi, essa chiamava ogni uomo ad essere pontefice a sè stesso. Pure dal giorno in cui la rivoluzione cadde sotto le tre reazioni di Napoleone, dei Borboni e di Luigi Filippo, la filosofia di Locke si smarrì, Voltaire e Rousseau rimasero sopraffatti, restò dubbia ogni conquista dello spirito umano. I discepoli di Locke si attenevano ai fatti, e il fatto che non lasciava titubante il diritto: si dimandò che cos'è il fatto, si dimandò se il cristianesimo non è alla volta sua un fatto grande almeno quanto la rivoluzione nascente. Concentravasi il fatto nella sensazione: si dimandò se l'idea non è fatto quanto la sensazione, se il mondo delle idee, che disprezzavasi in Platone, in Descartes, non valesse quanto il mondo della natura, e se la natura potesse stare senza le idee. I discepoli di Locke pendevano al materialismo: fu chiesto se la materia sia fatto certo, avverato, se si conosca della materia qualche cosa di più che il suo apparire, se il suo apparire non sia qualità piuttosto che materia, proprietà piuttosto che sostanza.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851, pagine 693

   





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