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      IX. Trascorsa buona pezza di tempo, la sola chiarezza di sua fama conciliò al Petrarca l'amicizia di Jacopo II da Carrara. "Davvero" dic'egli, "io non so chi fra' principi del suo tempo gli fosse uguale: e piglierei a sostenere che non vi fu. Durò pel corso di tant'anni a sollecitare l'amistà mia, spacciandomi corrieri e oltr'Alpi e in Italia, e, in breve, dovunque potessi essere trovato; che, sebbene poco mi aspetti da' grandi della terra, pure deliberai di fargli una visita. Io era curioso di scoprire l'intento di tali cortesie da un uomo del poter suo verso un privato, col quale non aveva personale conoscenza. Tale fu la cagione della mia andata a Padova. Quel grand'uomo, che lasciò tante splendide memorie di sè, m'accolse in guisa che meglio si addirebbe al modo onde ci raffiguriamo accogliersi i beati in Paradiso, che al ricevimento di un commortale. Com'ei riseppe ch'io m'era dalla giovinezza dedicato alla Chiesa, mi fece eleggere canonico di Padova, con la mira di conciliare il mio attaccamento alla sua persona e al paese. E in fatti, se morte non m'invidia tal patrocinio, io poteva nella tranquillità di quell'asilo aver trovato il termine d'ogni mia terrestre tribolazione. Ma oimè! nulla v'ha di certo quaggiù! E il momento in che ci crediamo più sicuri da' colpi della fortuna, può essere appunto il più fecondo delle sue più aspre percosse. Due anni non erano trascorsi ch'io me ne viveva in Padova, allorchè l'Onnipotente, citando il mio protettore al suo cospetto, tolse a me, alla patria, e, posso aggiugnere, al mondo intero un benefattore, del quale nè io, nè la patria, né, per vero dire, il mondo intero eravamo degni.


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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