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      Ecco dunque quanto per lettere del vostro e mio nipote e d'altri amici mi viene significato della parte pur dianzi presa in Firenze circa l'assoluzione de' mandati a' confini: che se volessi pagare certa multa e patire la nota dell'offerta, potrei venire assolto e ritornar di presente. Nel che, o padre, due cose sono pur degne di riso e male preconsigliate; dico male preconsigliate da chi tali condizioni ha espresse, giacchè le vostre lettere, con più discrezione e maturità conchiuse, nulla di ciò contenevano. È dessa gloriosa cotesta rivocazione alla patria fatta a Dante, dopo che patì esilio quasi trilustre? Tale forse la meritò un'innocenza manifesta a chiunque? Tale il sudore e la fatica continuata nello studio? Lungi dall'uomo famigliare della filosofia la temeraria umiltà di un cuore terreno, che, a modo di certo Ciolo e d'altri infami, comporti qual vinto l'oblazione di sè stesso. Lungi dall'uomo che predica giustizia e che ingiuria ha patito, il pagare del proprio danaro coloro che l'arrecarono, come fossero benefattori. Questa non è, padre mio, la strada di ritornare alla patria; ma se altra per voi, o in appresso per altri si troverà che alla fama di Dante e all'onore non deroghi, quella con passi non lenti accetterò. Che se per nessuna tale in Firenze si entra, non mai in Firenze entrerò. E perchè no? Non vedrò forse le spere del sole e degli astri da per tutto? Non potrò forse sotto qualunque plaga speculare dolcissime verità, se prima io non mi renda inglorioso, anzi ignominioso al popolo e al comune di Firenze?


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Saggi sopra il Petrarca
di Ugo Foscolo
Carabba Editore Lanciano
1928 pagine 139

   





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