Pagina (155/176)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Che a bene scrivere la lingua, bisognava imitare i soli scrittori del secolo del Boccaccio; - Che il Decamerone del Boccaccio contenente le cento novelle era l'unico libro senza umano errore; era il tesoro d'ogni ricchezza di lingua, d'ogni grazia d'idioma; era il modello infallibile d'ogni eleganza e d'ogni eloquenza; - Che in questo libro dovevano unicamente cercarsi tutti gli esempj; e sopra questi esempj dovevano giustificarsi tutti i precetti, e risalire a' principj generali e certissimi della grammatica italiana; - Che questo libro essendo stato scritto in Firenze e da un fiorentino, ed essendo stati fiorentini anche gli altri scrittori pregevoli del secolo decimoquarto, la lingua non si doveva chiamare italiana, nè toscana, ma fiorentina; - Che, per conseguenza il giudizio, quanto a' meriti della lingua d'ogni libro scritto o da scriversi in Italia, apparteneva a' fiorentini; - Che i fiorentini erano rappresentati da' più dotti de' loro concittadini; da una compagnia d'uomini chiamata Accademia della Crusca; - Che questa Accademia era sotto la protezione de' Medici gran duchi di Toscana; - Che Cosimo I gran duca allora regnante, essendo imparentato con la Spagna dominatrice di più che mezza Italia, ed essendo nel tempo stesso figliuolo obbedientissimo della Chiesa, regolava gli studj dell'Accademia della Crusca con una ragione di stato indispensabile a un principe apparentemente indipendente, ma realmente soggetto a Filippo II e al Concilio di Trento; - Che il Concilio di Trento stava per decretare, e poi decretò sotto severissime pene, che non si comportasse più libro veruno nel quale fossero derisi o preti, o monaci, o frati, o reliquie, o altre cose sacre; - Che il libro preziosissimo delle Novelle del Boccaccio, essendo scritto spesso a bello studio contro tutte le cose sacre suddette, non doveva leggersi se non espurgato; - Che l'Accademia, per intercessione de' principi suoi protettori, otteneva da' papi il permesso di potere ristampare le Novelle del Boccaccio, espurgandole secondo i canoni del Concilio di Trento; - Che, affinchè i canoni non fossero debitamente interpretati ed applicati, il padre inquisitore, maestro del sacro palazzo del Vaticano, frate domenicano e di nazione spagnuolo, presiedeva a' lunghi studj dell'Accademia della Crusca a espurgare le Novelle del Boccaccio; - Che le Novelle mutilate, adulterate d'interpolazioni innumerabili a beneplacito dell'inquisitore, erano ristampate per autorità dell'Accademia; - Che quella loro edizione era solennemente dichiarata la sola che dovesse o potesse seguirsi come testo di correttissima lingua; - E finalmente che il Decamerone del Boccaccio così mutilato ed adulterato era la pianta di tutti gli edifizj grammaticali dell'Accademia, e fin anche del Vocabolario della Crusca.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





Boccaccio Decamerone Boccaccio Firenze Italia Accademia Crusca Accademia Medici Toscana Cosimo I Spagna Italia Chiesa Accademia Crusca Filippo II Concilio Trento Concilio Trento Novelle Boccaccio Accademia Novelle Boccaccio Concilio Trento Vaticano Accademia Crusca Novelle Boccaccio Novelle Accademia Decamerone Boccaccio Accademia Vocabolario Crusca