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      Sogliono bensì prosperare nella libertà, ed intristirsi nella servitù. Le loro più dure catene sono procurate per via di leggi grammaticali. Invece gli autori romani somministravano molto maggiore e nobilissimo numero d'esemplari allo stile. La loro lingua governata da leggi assolute ed evidentissime aveva per giudice tutta l'Europa, mentre la fama d'ogni scrittore italiano pendeva dalla sentenza di gloriosi pedanti, i quali giudicavano raffrontano ogni nuovo libro.
      Infatti le nobili opere che sopravvissero alle altre mille di quell'età sono dettate in latino. Il Sigonio nelle sue storie, percorrendo lo spazio di venti secoli dalla epoca de' primi consoli di Roma sino alle repubbliche italiane, fu primo a traversare la solitudine tenebrosa del medio evo. Diresti che un genio illumini tutto il suo corso; e trasfonda abbondanza, splendore e vigore alla sua latinità. Nondimeno le poche cose che gli vennero scritte in lingua italiana sono volgarissime e barbare. Vedeva che ad impararla gli bisognava perdere molta parte della sua mente ne' laberinti delle nuove grammatiche; ond'esortò i suoi concittadini, che se avevano cura della posterità, le parlassero solamente in latino. Il che non s'ha da imputare a freddezza di carità per la patria, quando, a volere descrivere in italiano le trasformazioni universali del Romano Impero, quel grand'uomo sarebbe stato ridotto ad andare accattando i vocaboli, e l'orditura d'ogni sua frase nelle Novelle. Altri, a modellare i loro pensieri con dignità, scrivevano da prima le storie recenti della lor patria in latino, e le traducevano in italiano da sè; e concorrevano ad arricchire la lingua letteraria.


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Sulla lingua italiana
Discorsi sei
di Ugo Foscolo
Istituto Editoriale Italiano
1914 pagine 176

   





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