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      Lascio pensare in che orgasmo di diffidenza e di paura si trovarono le autorità borboniche nella capitale della Sicilia - allo sbarco dei Mille a Marsala. - Se vi si fosse potuto imprigionare i dugentomila abitanti, sono certo, i Borboni non vi avrebbero ripugnato.
      E dopo Calatafimi e la marcia dei filibustieri sulla Metropoli? Dio me ne liberi! In tali frangenti entrarono in Palermo Lina e Marzia e Lia - la graziosa contadina dell'Agro Palermitano - le tre vestite a foggia del paese, e favorite dalla prima oscurità d'una notte di maggio.
      Ho già detto: la terra del Vespro non è terra da delatori, ed era probabile che tre ragazze del paese, appartenenti al ceto rurale, potessero entrare senza eccitar sospetti nella popolosa capitale.
      Mentre però passavan le tre sotto il primo riverbero di Piazza reale, due occhi somiglianti a quei del serpente(15) si fissarono sul bel volto di Marzia, e vi cagionarono l'effetto della scintilla elettrica - ma malefica, ma funesta come quella vibrata dalla cupa, nera partoriente delle tempeste sulle dominanti torri del feudo o della bottega pretina.
      La coraggiosa fanciulla - che abbiam veduto alla testa degli eroi di Calatafimi in quella solenne pugna - fu padroneggiata da tal brivido in tutte le membra, le luci le si ottenebrarono in tal modo, che non sentiva più il terreno sotto i piedi, traballò come in uno stato d'ubbriachezza, e senza il sostegno di Lina - a cui s'appoggiò subito - si sarebbe rovesciata sul macigno del marciapiede su cui transitavano.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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