Pagina (187/356)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Avendo lasciato Corvo, Fior di Bacco avea fatto una visita in cantina, ove per costume di questi venditori dell'anima alla pancia, facea d'uopo rifocillarsi con buoni bocconi e con un boccale di quello che pittura la guancia a musi più pallidi di quello del nostro maggiore, per affrontare imprese difficili. Ora, essendo la barca in zavorra, si poteva, come egli diceva, affrontare qualunque tempesta, e difilato, si recò negli appartamenti di Tifone.
      Avranno osservato i miei lettori, non esser il mio forte le descrizioni, e quando avrò descritto il nauseante abituro d'un condannato, essi non ne saran contenti. È vero, che Tifone, freschissimo d'omicidio, era però uno dei paladini della camorra, e come tale dal 2° Comandante del forte S. Elmo, trattato coi guanti bianchi, ed alloggiato in sito abitabile.
      «Tifone» cominciava il maggiore al camorrista fatto condurre in un gabinetto segreto del forte «hai già sofferto abbastanza di prigionia per una misera pugnalata somministrata a quello stupido di Gambardella(58) che ci tradiva assumendo l'aria di liberale. Per me, sei libero! (e dopo alcuna pausa) e ti permetterò di andare in città quando vorrai, anzi io stesso t'invierò in missione importante».
      «Gnor sì» rispondeva il masnadiero al comandante, fissandolo in viso, mentre questo da parte sua scrutinava pure la sinistra fisonomia del primo per scoprirne l'effetto delle sue parole.
      «Gnor sì. - E V. S. sa quanto io son devoto alla causa sacrosanta del re e della chiesa: soltanto la prevengo di farmi restituire il ferro che mi tolsero quando mi condussero qui».


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





Corvo Fior Bacco Tifone Tifone Comandante S. Elmo Gambardella