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      I soldati borbonici giunsero sui nostri pezzi varie volte, e s'impadronirono di due, che non poterono però conservare.
      In tale accanita pugna io osservai il difetto «di far fuoco avanzando» prediletto sistema dei nostri nemici, a cui fu fatale in tutti gl'incontri dai volontari sostenuti; questi, all'incontro, coi soliti catenacci e colle loro cariche a fondo, senza fare un tiro, neutralizzarono la superiorità delle carabine nemiche, e vinsero sempre.
      Mi si obbietterà: tale nostro sistema esser nocivo colle nuove armi di precisione, ed io dico con convincimento, essere più necessario ancora, col perfezionamento delle armi. - O non si deve caricare il nemico nelle sue posizioni, o bisogna caricarlo celeremente sino alla mischia, colla coscienza di sfondarlo, senza di che si perderà molta gente, il morale dei restanti soldati sarà scosso, e si avrà il doloroso spettacolo di vederli tornare fuggendo e disfatti.
      La pugna durò un pezzo al piede del monte S. Angelo, obbiettivo importantissimo, e varie volte i nostri valorosi capi dovettero ricondurre al fuoco i nostri militi, sopraffatti da masse imponenti e tenacemente decise.
      Verso le ore 1 pom., non so per qual motivo, mancarono le munizioni, ed una desolante voce degli usciti dal campo di battaglia, me ne fece consapevole.
      Se il nemico fosse stato informato di tale circostanza, stavamo freschi.
      La situazione era delicata. Il nemico ingrossando sempre, oltre l'attacco di fronte verso Capua, avea tentato di assalire il nostro fianco destro passando il Volturno, e fummo obbligati di far testa dovunque.


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





S. Angelo Capua Volturno