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      Una guardia qualunque trovavasi sul magnifico piazzale che a ponente fronteggia la vecchia capitale del mondo, ed i nostri Romani, sorpresa la guardia, ne legarono sino all'ultimo individuo, s'impadronirono di tutte le armi, e disperdendosi poi in tutte le direzioni, armati delle armi papaline, fecero una razzìa generale di quanti innamorati soldati del papa trovarono.
      I pontifichaux gridarono, urlarono: «à la trahison!» secondo il solito, e l'alba d'una bella mattinata settembrina li trovava legati come tanti polli, due per due, alla mercede di gente ch'essi erano assuefatti a disprezzare, perchè sempre discordi, e che ben potevano sgozzarli senza tema d'infrangere le leggi della giustizia. Perchè, a che questi vampiri del sanfedismo, che come i preti hanno la loro divinità nel ventre, vengono a saziare i loro indecenti appetiti a danno d'un popolo infelice che li trasse dalle foreste, ove marciavano a quattro gambe come i gatti, e li pose sui piedi di dietro dicendo loro: «Siate uomini!?»
      I trecento passeggiarono padroni per le vie di Tivoli provvedendosi d'armi e d'ogni cosa bisognevole per il loro viaggio, mentre che la popolazione in odio al papato li acclamava con ogni segno di simpatica benevolenza.
      Nullo, a cui non fuggiva la falsa posizione in cui s'ingolfava quel buon popolo, credente nell'apparizione dell'avanguardia del grande esercito italiano - ciocchè altro non erano che i pochi esuli dalla città eterna, così ammonì quella parte della popolazione che s'era affollata intorno ai nostri militi:


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





Romani Tivoli