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      Tal quadro era forse impresso nella mia giovine immaginazione, dacchè quarantacinque lustri avanti, io per la prima volta passeggiavo rispettoso ed attonito in quel Foro, ove dettavansi dai nostri antenati i destini del mondo, e vicino, lontano, nella buona o cattiva fortuna, giammai si cancellarono nel mio spirito le impressioni raccolte in quella visita avventurosa.
      Dal Capitolino scesi verso il Tevere, passai il ponte che difese Orazio Coclite, e che i preti chiamarono di San Bartolomeo, e m'incamminai verso il Gianicolo in cerca dei tumuli dei nostri Achilli italiani che, contro gli sgherri del Bonaparte sostennero l'onore italiano vilipeso e calpestato da loro. - Tumuli! E chi doveva innalzare tumuli ai superbi difensori dell'orbe? Chi? I preti? i preti, secolari traditori d'Italia, innalzarono tumuli, mausolei ai soldati stranieri che avevano sgozzato italiani, ma che avevano salvato la religione (la pancia agli scarafaggi).
      Chi lo aveva da innalzare un sarcofago ai valorosi caduti del 30 aprile, del 3 giugno, dei monti Parioli, di Mentana? - Chi? - I nuovi venuti(72), i ministri del governo italiano? - gli uomini delle garanzie papali? - Ma essi hanno paura di Roma, si sgomentano al solo suo nome, e poi hanno ragione; i pigmei non arrivano a posarsi sulle sedie dei giganti, non si sentono degni di atteggiarsi tra i monumenti della grandezza umana, ove posarono in tutta la loro maestà sublime i padroni del mondo! - Sì, hanno ragione cotesti piccinissimi ermafroditi seguaci d'ogni potere che loro garantisca il ventre, caporioni della setta dei consorti che si ponno paragonare al maiale del Casti:


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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