Quando vedrai che l'angoscia di Gino dia luogo un momento alla memoria delle cose esteriori, ti prego vivamente a rammentarmi a quest'uomo che amo e che rispetto tanto, e dirgli, se lo soffre il suo stato, quanta parte prendo a questa disgrazia, e quanto mi cresce l'affetto e la sollecitudine per tutto ciò che lo riguarda. Lo stesso dirai al povero Attilio e alla Marianna, e prego e desidero che vi bastino a tutti le forze per sostenere un danno così improvviso e così irreparabile.
 
     
Condona questa lettera all'affetto grande che mi stringe a tutti voi, e pensa quanto mi sia costato lo scriverla. Dal primo momento che v'ho conosciuti, v'ho desiderato sempre felici, e v'ho veduti sempre angustiati. Addio.
 
     
88.
 
     
Pescia, . . . aprile . . .
 
     
Mio caro.
 
     
Venni qua per trattenermi otto o quindici giorni, e mi ci trovo tuttora, senza saperne render ragione neppure a me medesimo. Dunque non ti stare a lambiccare il cervello intorno alle cagioni che possono indurmi a star qua, chè alla fine del salmo non avresti fatto altro che tirare a indovinare senza venirne a capo. Erano sei anni che non avevo veduto la primavera paesana, e non ti so dire quanto piacere provi ora a godermela. Noi siamo in una valle circondata a levante, a tramontana e a ponente di poggi più o meno alti, ma tutti coltivati in modo che non vi si scorge un palmo di terreno nudo. Il paese rimane fra gli orti che di qua e di là secondano il corso del fiume che lo divide. Gli alberi fruttiferi sparsi a migliaia per il piano e per le colline, ora che sono tutti fioriti, fanno il più bel vedere del mondo.
  
  
  
  
  
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 Epistolario
 
Volume Primo
 
di Giuseppe Giusti 
Le Monnier Editore Firenze 1863
pagine 416  | 
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 Gino Attilio Marianna
 
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