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      Risposero anche i clericali stessi, respingendo dal loro grembo l'autore della Morale Cattolica, troppo morale e troppo poco cattolica per essi. Il risultato di quelle polemiche fu il consueto, di riconfermare ciascuno nella propria opinione.
      III. È di un grande significato il fatto che Manzoni, appena uscì dai collegi dei frati, scrisse versi frementi d'indignazione contro il papato, contro la crudeltà e l'avidità dei chierici e contro una istituzione che nei conventi doveva aver imparato a stimare, se era virtuosamente mantenuta, quale il celibato degli ecclesiastici. Questa sua ira, che trabocca nel Trionfo della Libertà, non è diretta contro la base del cattolicismo, ma solamente contro l'abuso della religione fatto da' suoi ministri, come egli stesso dichiara in una nota del secondo canto. Manzoni scriveva nel 1801, quando i preti erano i più attivi cospiratori contro la libertà di seconda mano, calataci dalle Alpi cogli eserciti del Bonaparte; quando nel regno delle due Sicilie scorrazzavano bande di assassini guidate da preti e da cardinali; quando un parroco svelava il segreto della congiura del De Blasi a Palermo, da lui saputo in confessione(2); quando i preti suscitavano le sommosse di Pavia e di Binasco, orrendamente soffocate col sangue e cogli incendi(3). Questi fatti erano stampati in prosa e in versi, diffusi, commentati ed esagerati; e dovevano suscitare naturale orrore nell'animo adolescente e generoso d'Alessandro. Però egli non si separa ancora dalla Chiesa: lo dichiara espressamente nella nota che abbiamo accennata.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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