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      Da le inquïete sibilanti chiome.
     
      Ed io puranco, ed io, vate trilustre,(115)
      Io ti seguo da lunge, e il tuo gran lumeA me fo scorta ne l'arringo illustre.
     
      E te veggendo su l'erto cacumeAscender di Parnaso alma spedita,
      Già sento al volo mio crescer le piume.
     
      Forse, ah che spero! io la seconda vitaVivrò, se alle mie forze inferme e frali
      Le nove suore porgeranno aita!(116)
     
      Ma dove mi trasporti, estro? mortaliSon le mie penne, e periglioso il volo,
      Alta e sublime è la caduta, l'ali
     
      Però raccogli, e riposiamci al suolo.
     
     
      FINE.
     
     
      NOTE:
     
      (1) Il poema Del Trionfo della Libertà, scritto da Manzoni giovinetto, può dirsi inedito, essendosi finora stampata solamente un'edizione di lusso. L'autografo si conserva nella Biblioteca nazionale di Brera in Milano, ed è preceduto da una dichiarazione di Manzoni, colla quale dichiarando non indegni di sè i sentimenti, espressi nel poema, li riconosce «come dote di puro e virile animo.»
      (2) Nel 1795 Francesco Paolo De Blasi aveva organizzato in Palermo una congiura per stabilire la repubblica; l'orefice Feraica, che ne era partecipe, se ne confessò per iscrupolo di coscienza al parroco sotto il suggello del sacramento: il parroco lo denunziò al governo, che dei congiurati quali arrestò, quali cacciò in esilio, quali sulla forca.
      (3) Nel 1796.
      (4) Lettera di Silvio Pellico a Nicomede Bianchi.
      (5) Questa egloga fu ripetuta da Costantino ai vescovi radunati in Cesarea, come un argomento della vera missione di Cristo, testimoniata perfino dai pagani.
      (6) Il poeta fa parlare la stessa Adda che invita Monti a recarsi sulle sue sponde.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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