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      (43) Collatino, il quale, secondo la tradizione nota a tutti gli scolari di ginnasio, durante l'assedio d'Ardea, capitale dei Rutuli, aveva proposto a Sesto, figliuolo del re Tarquinio, di recarsi a sorprendere le rispettive mogli per giudicare della loro virtù. Trovarono le regie donne che banchettavano, ma Lucrezia, moglie di Collatino, filava in mezzo alle ancelle, sospirando lo sposo lontano. Sesto tornò la notte vegnente da lei e, minacciandole l'infamia, giunse a disonorarla. Ella, non potendo sostenere il peso dell'onta patita, si uccise legando la vendetta al marito. E questi, insieme a Bruto, chiamò il popolo all'armi, scacciando i re ed inaugurando la libertà di Roma. Il giovinetto Manzoni accettava in tutta la sua poesia il romanzo storico dei primordi di Roma, perchè non conosceva ancora la critica che col dubbio scientifico tarpò le ali a tante belle illusioni.
      (44) Nota del poeta. - Fe' la vendetta del superbo strupo. Verso usato da Dante in tutt'altro significato.
      «Vuolsi nell'alto, là dove Michele
      Fe' la vendetta del superbo strupo.»
      (45) Lucrezia, che si uccise non potendo sopravvivere al pensiero dell'oltraggio che aveva bruttato il corpo, non l'animo di lei.
      (46) Bruto primo, che condannò i figli alla morte, perchè avevano congiurato per richiamare il re Tarquinio. Manzoni, trascinato dall'educazione, che chiamò più tardi falsa, ad ammirare la virtù classica, talora contro natura, si attiene al racconto di Dionisio che ci presenta Bruto testimonio impassibile del supplizio dei figliuoli da lui ordinato, mentre il popolo stesso, commosso, chiedeva pietà pei giovanetti.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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