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      Qui finisce la pagina dov'è scritta la nota di Manzoni, e la susseguente è lacerata; ma si comprende assai facilmente il resto del ragionamento. Inoltre è importante notare che Manzoni, quando rilesse il poemetto, qualche anno dopo averlo scritto, cancellò questa nota ed anzi probabilmente fu allora che lacerò il seguito.
      (63) Infallibil divino. Queste parole furono scritte più tardi: sotto alla cancellatura si legge: Che ministro del Cielo.
      (64) Il frasario di questa invettiva, che ci dà la misura del potente ingegno del giovane, non maraviglia certo coloro che hanno letto i sonetti di Petrarca, dove si mostra il cattolicismo sorto dal fiume e dalle ghiande, o nudo al vento e scalzo fra gli stecchi, che col mal oprare si arricchì; dove si canta che nella Corte pontificia, nido di tradimenti, la lussuria fece l'ultima prova: e si chiama l'autorità papale una putta sfacciata che fida solo negli adultéri suoi.
      (65) Infece: altro latinismo biasimevole, per dire: «tinse di sangue innocente le croci.» Veramente però l'inficere fu adoperato da Virgilio anche per attossicare, e nel caso nostro può essere accettato pure in questo significato.
      (66) Parafrasi dei famoso:
      «Che libito fe' licito in sua legge.» (Inferno, 5).
      (67) Monti nel Fanatismo deplorò pur egli
      «Della diva ragion fatto lo scempio
      ......................................ed il pensiero,
      Il medesmo pensier messo in catene.»
      Queste imprecazioni si respiravano allora coll'aria: i poeti andavano a gara nel ripeterle, dopo che gli enciclopedisti in Francia e i filosofi in Italia ne ebbero dato il segnale.


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Del trionfo della libertà
di Alessandro Manzoni
Editore Sonzogno Milano
1882 pagine 91

   





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