Dicono che ove prima si sono trovati, son venenosi, ma trasportati ne i nostri paesi, perdon quella malignità e riescon così buoni».
«Di quanti frutti si mangiano - disse Cornelia - a me non piacciono più quanto l’uva, i fichi ed i meloni».
«L’uva - aggiunse Corinna - è di molte sorti e molto gustevole; quando è ben matura non nuoce molto, se non che è alquanto umida e ventosa. Ella ha virtù lenitiva ed i suoi ciotti o granelli sono costrettivi. I fichi ancor essi leniscono, giovano al petto ed al polmone. Il simile fa l’uva passa e le pigne».
«Io non ho mai mangiato pignoli freschi - disse Lucrezia - come si fanno le amandole e noci, ma penso che siano pur gustevoli e così i pistachi».
«È da vedere - rispose Corinna - ma perché vengono da lontano non si ponno averli se non così secchi».
«Mi piacciono quelle noci fresche - rispose Cornelia - ma par che mi faccino sempre doler il capo quando io ne mangio».
«Fanno doler il capo - disse Corinna - le noci e nociuole e sono di durissima digestione, ma le noci sono poi giovevoli contra il veneno e sono quasi della natura delle castagne, benché esse siano più frigide. Le mandole dolci sono di sostanza e dure da padire e le amare giovano nelle medicine».
«Lodato sia Iddio - disse allora Leonora - da poi che trovarete anco da contar delle castagne; manca che voi diciate appresso della fava e delle ceregie; questa mi par la favola dell’occa che non si finisce mai, credo che lo facciate per burlarmi e per farmi dir qualche cosa io». Di queste disperazioni di Leonora ridevano tanto Elena e Verginia che si smascellavano dalle risa; e la Regina così sogghignando le disse:
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Cornelia Corinna Lucrezia Corinna Cornelia Corinna Iddio Leonora Leonora Elena Verginia Regina
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