«Io l’ho udito ben nominar per tale - disse Leonora – e certo se io mi dovessi mai servir di uomini in questo caso di lite non vorrei altri che lui».
«Gli avocati - disse la Regina - doveriano studiar di esser più brevi e raccolti che lor sia possibile, perché il lungo parlare (oltra che è causa di far far qualche errore) suol tediar il giudice».
«Oh mi dispiaccion pur anco a me - disse Lucrezia - questi tali che vanno allungando il parlar fuori del caso e che vanno come i pedanti ad ogni passo su i punti della gramatica».
«S’hanno da schivar - disse Corinna - di proferir le sentenze latine gli oratori, che è cosa all’antica e non si usa più tra noi».
«Egli è ben gran cosa - disse Cornelia - che ora non si faccia molta stima d’un dottor in gramatica e pur non si può far, che la prima cosa che si fa imparar a i fanciulli è questa utilissima scienza, per cui se apre la porta alle altre».
«Se gli uomini - disse Leonora - andassero anch’essi all’antica, cioè che fussero men cattivi, come erano pur quei primi padri, mi provarei di far loro un proemio all’antica, che se non mi giovasse il volgare, mi servirei del latino, ma penso che in niun modo non occorre che io mi affatichi, poiché essi così fuggirebbono d’ascoltarmi, sapendo ch’avrei da dir solo la verità:
Com’aspide suoleChe per star empio il canto udir non vuole».
«E poi - disse Corinna - la vostra gramatica non si confarebbe con la loro, perché essi nel lor latino errano le concordanze, non accordano mai il relativo con l’antecedente, che se ieri vi fecero buon viso e vi diedero buone parole, oggi discordano dal passato e vi si mostrano nemici.
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