O santi pensieri, o santi ordini, o sante leggi, o santi padri; ben è misero e sciocco quello che non sa viver sotto sì santa e felice protezione».
«Deh - disse Cornelia - che voi dite pur troppo il vero; ma a proposito di fabriche mi avete fatto sovenire della fabrica nuova, che si va facendo della Procuratia e del nostro ponte di Rialto rinovato, che vi pare di tale spesa?».
«Che pare a voi - seguì ella - di tale opera maravigliosa appresso tant’altre?».
«È degna certo e singolare - disse la Regina - ma che gli è apunto come dice quel verso:
Sempre Venezia ha maraviglie nove».
«Nel principio di questa fabrica apunto maravigliosa vid’io un sonetto - disse Corinna - fatto in lode di essa e di questa città da un gentil uomo mio parente, che se me lo ricordassi, vorrei che l’udiste, ma mi è uscito di memoria».
«Ma - disse la Regina - e bisogna che voi ve lo ricordiate, o inanzi dovevate tacere». Corinna, che l’aveva in iscritto, sorridendo allora lo spiegò fuori ed ascoltando l’altre con attenzione, ella così recitò il seguente sonetto:
Inclite maraviglie apportar suoleVaria età, vario luogo e vario ingegno
In oro, in carta, in bronzo, in marmo, in legnoFabriche, imprese e forme elette e sole.
Ma questa tua quanto ’l mar gira e ’l soleVenezia, avanza ogni mortal disegno.
Opra è degna di te, lavor condegnoA l’eterno esser tuo, l’eterna mole.
Le piramide, i tempii, i mausolei,
Nulla son; questo è nuovo onor del mondo,
Degno di penna d’oro e d’aurea cetra.
Non più fral legno or ti congiunge; or sei
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