«Anzi - seguì Elena - perché il desiderio della vendetta non regna in magnanimo cuore, come asserimo esser il nostro, faressimo bene a portar il rosso scuro, significando l’allegrezza non pur della sperata vittoria, ma di far gli uomini tutti nostri; perché vorrei che dopo il vincerli di valore, gli vincessimo anco di cortesia e gli usassimo clemenza per raddoppiar la nostra gloria».
«Parmi - disse Verginia - che non sarebbe inconveniente, se noi avessimo l’arme nere tutte sparse di bianche colombe, per alluder alla fermezza con che noi amamo questi uomini ed allo schietto e semplice amore, che lor portiamo».
«Piacemi molto - disse Lucrezia - la invenzion di queste imprese ma si ricerca loro, oltra la vaghezza delle figure, anco la vivezza del motto, senza il quale è muta e morta».
«Sonovi diversi libri - disse Corinna - che trattano di questa materia, li quali voi ben dovete aver veduto, però lasciamo star questo».
«Questa varietà d’imprese e colori - disse la Regina - è come un linguaggio, che s’intende senza parlare e con cui l’uomo fa sapere l’intrinseco del suo cuore graziosamente, però disse quel poeta parlando de cavalieri, che si preparavano alla giostra:
Chi sopra l’elmo, o nel dipinto scudoDisegna Amor se l’ha benigno, o crudo».
«Molti sono i lenguaggi che s’intendono senza parlare - disse Leonora - ma quello delli sospiri penso io che sia più efficace di tutti; però disse un gentil spirto in una canzone, parlando in questa materia:
Certo non così puoteDiserta lingua in note
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Elena Verginia Lucrezia Corinna Regina Amor Leonora
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