Non bisogna veramente prestare intiera fiducia al canonico Paolo Bernriedens, scrittore della vita di Gregorio, ed al frate Lamberto Schafnaburgense, autore di cronache, perchè entrambi nemici petulanti di Enrico, e perciò appunto devotissimi a Gregorio. Questi due storici dipingono Cencio discolo uomo, perduto, facinoroso, un pendaglio da forca, di ogni scelleratezza vaghissimo, di ogni bruttura maestro, caporione di quanti ribaldi numerasse la città. Cencio aveva favoreggiato per l'antipapa Onorio II; alzata una torre a cima del ponte San Pietro, per riscuoter pedaggio da chiunque di quivi passasse, e perciò tenuto prigione alquanto tempo da Cinzio prefetto della città di allora. Ecco i torti di questo ardito giovane il quale, a vero dire, non vivendo nè meglio nè peggio degli altri baroni e gentiluomini di quei secoli, sapeva condursi con giudizio per sè, nel corrotto e nell'anarchia dei tempi. Di prosapia vetusta e nobilissima, di carattere robusto ed avventaticcio, si era messo a capo dei nemici d'Ildebrando; e perciò a costui esoso, e due volte scomunicato. I nobili romani, avversi al papa, lo avevano mandato a Guiscardo onde patteggiare aiuti, risoluti com'erano di sgabellarsene ad ogni modo. E Guiscardo, astuto altrettanto che temerario, aveva accennato accostarsi dal loro canto, dove che l'imperatore li secondasse. Aveva perciò rimandato Cencio indeciso di sua condotta futura, ed al vescovo di Bovino, invitato dal Ravennate, aveva date istruzioni segrete ma positive, ad ogni costo temperanti, conciossiachè già delle scomuniche fulminategli nel concilio di Roma e dell'esercito che si mandava ad osteggiarlo sapesse.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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