Quegli insomma era un lebbroso. L'edifizio in cui dimorava Laidulfo e la sua figlioccia un lebbrosaio.
La terribile malattia della lebbra sparsero in Europa i palmieri reduci di Terra Santa, dove questo morbo era indigeno; ed in Europa si mantenne lungamente, malgrado i lazzaretti che la pietà dei cristiani alzò fuori le porte della città, dotò di ricchi lasciti, ed affidò alla condotta di pietosi sacerdoti.
Quel signore dunque inorridito a tanta stomachevole vista entra precipitoso nella camera di Laidulfo ed ode il suo compagno che dicevagli:
- Dunque stai fermo?
- Sì, monsignore, risponde Laidulfo; basta che mi paghiate.
- Innanzi?
- Questo è il mio sistema, monsignore: ciascuno regola casa sua come gli torna.
- La bisogna deve mandarsi ad effetto stanotte.
- Anche adesso per parte mia. Ora sono tranquillo di coscienza.
- Eccoti dunque i cento danari patteggiati. Ma guardati di trufferie e di tradimenti, perchè sarebbero gli ultimi di vita tua.
- Salvo che morte anteriore non m'impedisca, non temete di nulla. Voi trafficate con un uomo onesto che vuole acquistar pratiche.
- Sta bene. Al palazzo di messer Cencio.
- Non vi occorre altro? andate in pace, se tuttavia non volete partecipare al nostro povero desinare.
Quei signori partirono.
La notte tutte le campane di Roma suonavano per la messa di Natale, allorchè il cardinale Ugo Candido, il vescovo di Bovino e Cencio, levandosi di botto dalla tavola dell'arcivescovo di Ravenna, da lui si accommiatano. Guiberto resta maravigliato del loro allontanarsi dall'orgia così presto; ma il vescovo di Bovino gli si accosta all'orecchio e pianamente gli susurra:
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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