E Gregorio aveva ad un tempo la novella della sua deposizione, quella dell'elezione di Guiberto, quella dell'invasione della Toscana, quella della vittoria di Volta sopra la sua bella penitente, unitamente ad un'altra, che più di tutte lo spaventò, da un foglio grazioso del suo amorevole fratello Guiberto, ora come abbiam detto, Clemente III.
Enrico, recatosi a Ratisbona vi congregava una dieta, dove intervenivano i grandi della sua fazione, i condottieri dell'esercito, Federico il bellicoso, conte di Staufen, sire di un castello sul cucuzzolo più sublime delle Alpi, e Goffredo di Buglione, quel pio Goffredo
che nel purpureo ammantoHa di regio e d'augusto in sè cotanto!
Goffredo, discendendo da Carlomagno per parte del padre, e dai re lombardi della madre, sembrava
Veramente costui nato all'impero,
Sì del regnar del comandar sa l'arti,
E non minor che duce è cavaliero,
Ma del doppio valor tutte ha le parti:
Nè fra turbe sì grandi uom più guerrieroO più saggio di lui potrei mostrarti.
Enrico si alzò da sedere, e prendendo il gonfalone dell'impero, appoggiato al suo soglio, si trasse presso al giovane duca, e gli disse:
- Messer Goffredo di Buglione, questo, come vedi, è lo stendardo dell'impero: te lo affido a portare nella campagna che siamo per aprire, e riposo sicuro che, sia che fossimo vinti, sia che vincessimo, mel renderai incontaminato.
- Mercè, sire, dell'onor grande che mi fate, rispose Goffredo, piegando a terra il ginocchio e stringendo la bandiera; la difenderò per quanto Iddio mi darà di forza e di vita.
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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