Enrico accetta questi patti, e trionfante entra dentro Mantova in un nembo di fiori. Due giorni dopo, il re si recava a Padova ed a Cremona, città che non si volevano arrendere che a lui, ed a lui solo aprir le porte. Ed entrato Enrico da trionfatore, accolto con lo medesimo entusiasmo, concedeva loro privilegi e franchigie ed il favore del carroccio, che, in onor dell'imperatrice, i Padovani chiamarono Berta, i Cremonesi Bertacciola. Indi mosse per Firenze, distaccando dalle sue truppe dei manipoli onde andare ad occupare or questo or quello dei castelli e delle terre della contessa. Ma questa gli disputava l'invasione del suo territorio palmo per palmo, e ad ogni mutar di passo gli presentava contro ora una borgata cinta di mura, ora una rocca, ora un villaggio, costringendo il re a combattere ad ogni fermata. L'animosa donna vendeva poscia tutti i suoi gioielli, prendeva gran parte delle sue rendite e le mandava a Roma a papa Gregorio onde munir la città, assoldar gente, comprare i faziosi.
Ella era restata povera - ella, l'erede di quel marchese Bonifazio che, avendo Enrico III lamentato di non trovare buon aceto a Piacenza, gliene aveva mandato in venti barili e su carretto di argento. Le sue possessioni devastate, rase le fortezze, smantellate le mura delle sue città, bruciati o presi i castelli, i suoi vassalli deserti. Del suo florido dominio insomma, così bello, così vasto, non restava che cadente scheltro. La fame minacciava il suo popolo; la moria lo decimava. E con tante sciagure, con un nemico ostinato di faccia, con tanto maligno volger di cose, la sua costanza non crollava, non mutava nei propositi, non tradiva neppure con un fastidio o una velleità la generosa causa che aveva sposata - avvilire l'imperatore, esaltare il pontefice!
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Il re dei re
Convoglio diretto nell'11. secolo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Daelli Milano 1864
pagine 522 |
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