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      Ma ci fu ancora di peggio. Con quel suo vizio di indicare le persone col loro nome proprio, Orazio mi avviò sulla facile e sdrucciolevole via di accennare candidamente a Tizio, Caio, Sempronio: la satira individuale, non vi dico altro! alla quale fui indotto dal solo mal esempio, per eccesso di innocenza e buona fede. E appunto per soverchia dabbenaggine la mia immaginazione non avvisò mai alle possibili conseguenze di quelle enormità involontarie: tanto più che vedeva non essere mai venuti meno al maestro né le simpatie popolari, né la protezione d'Augusto, né i benefizi di Mecenate, né la deliziosa villa di Tivoli dove egli passava metà dell'anno a fare un tantino l'epicureo, a minchionare il prossimo e soprattutto le amanti dismesse. Ma io, fatalità! per le mutate condizioni dei tempi mi trovai, senza avvedermene, impigliato in molestissime brighe col terzo e col quarto; e ne seguirono le antipatie, gli odi, le denigrazioni, lo scredito, e il triste esiglio: senza contare la consunzione, figlia del rimorso, che mi spolpa e divora. Cose da farne una tragedia in versi martelliani.
      Bisogna però convenire che a que' malanni contribuirono non tanto i tempi quanto i luoghi. Per uno scrittore un po' vivace è gravissima sciagura il nascere in paesi d'una moralità così desolante e severa da inorridire all'idea di una scherzevole satiruccia(1). Come si trattano diversamente queste faccenduole al di là dell'Alpi! Colà i partiti si strapazzano l'un l'altro allegramente e si versano addosso la cornucopia del ridicolo: né vi è persona sì altamente collocata cui non sappia arrivare fin sotto al naso col suo buffetto il più pigmeo dei giornalisti; e, dalla sfrenata parodia delle più decantate opere letterarie fino alle piccole caricature del Musée Philipon, è un continuo burlarsi degli uomini e delle cose.


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Sul gatto
Cenni fisiologici e morali
di Giovanni Rajberti
Editore Bernardoni Milano
1846 pagine 98

   





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