Ma non così rispetto al primo. Anzi riuscì loro tutto al contrario. Non appena fu annunziata al pubblico la riapertura delle Università e furono riaperti i registri per ricevere le iscrizioni, un gran numero di giovani accorsero per iscriversi. Non mai negli anni andati le iscrizioni erano state così numerose. Questo fatto dipendeva da due cause: primieramente dalla quantità dei giovani rimasti indietro negli studi durante gli ultimi anni, in secondo luogo dal partito preso da molte famiglie agiate d'investire in terreni una parte dei loro capitali, fino allora impiegati nel commercio o nella industria, affinché i loro figliuoli potessero entrare all'Università come studenti di prima categoria. Dimodoché tutte le grandi premure dei Commissari erano riuscite vane, ed i soli che ne soffrissero, così in questo come negli altri casi, erano soprattutto i poveri.
La Segreteria, dove si ricevevano le inscrizioni, era nel magnifico palazzo dell'Università in via Balbi: Alfredo ed io non fummo degli ultimi a presentarci ai registri. Vi trovammo un numero considerevole di giovani venuti per lo stesso fine, e bisognò fare una lunga anticamera. Finalmente fummo introdotti in una sala, dove il Segretario se ne stava seduto con gran sussiego. Era costui un signore sui quarantacinque anni, piuttosto robusto, con la faccia butterata e con un'aria di sufficienza. Ci pose innanzi un registro, in cui scrivemmo i nostri nomi e cognomi e la professione alla quale ci volevamo dedicare. Ci mostrò dipoi la nota dei documenti, di cui dovevamo essere provveduti prima della nostra ammissione agli studi, una nota così lunga, che fummo costretti a copiarla, temendo di dimenticare qualche cosa.
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