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      La casa m'era divenuta odiosa, ed eccetto le ore dei pasti, ero sempre fuori o da Fantasio o dallo zio Giovanni. "Coraggio, mio caro!" mi diceva il buon uomo quando mi vedeva abbattuto più del solito:
      Sta come torre ferma, che non crollagià mai la cima per soffiar di venti".
      Non date a questi sciocchi, Merlini e compagni, la soddisfazione di vedervi avvilito. Vendicatevi col sentimento di valere mille volte più di loro
      .
      Eppure, zio mio, confesso che preferirei una vendetta meno filosofica e più reale
      .
      E qual pro ne verrebbe a voi o agli altri? Mettiamo che voi riusciate a tagliare le teste di tutta quanta la Giunta, avreste fatto un bel niente. Nuovi Merlini sorgerebbero ad occupare i loro posti; Merlini e compagni sono i frutti dell'albero, mio caro ragazzo: il male è alla radice
      .
      Finalmente, quando piacque a Dio, il canonico se ne andò, ed io ebbi, relativamente, un po' di quiete. Mi rimanevano ancora nove mesi d'ozio forzato, perciò mi studiai di occuparmi in qualche cosa. Composi una leggenda in sesta rima nel metro dell'Ildegonda di Tommaso Grossi, poi una tragedia, poi una commedia. Era sempre lo stesso argomento sotto forme diverse; il riflesso dell'animo mio; un innocente che lotta, che protesta e cade schiacciato dai suoi oppressori.
      Divoravo ogni traduzione italiana o francese che mi capitasse nelle mani delle opere di Shakespeare, di Goethe e di Schiller. L'accesa passione, che spira in ogni linea dell'ultimo, mi rapiva. Leggevo sempre, e sempre con una specie di deliziosa frenesia, le sue più giovanili composizioni, Il Ministro e I Masnadieri.


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Lorenzo Benoni ovvero scene della vita di un italiano
di Giovanni Ruffini
pagine 471

   





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