Su noi, intendo dei giovani che si occupavano di politica, la rivoluzione di Parigi produsse gli effetti di una bevanda inebriante, e aspettavamo di giorno in giorno d'esser chiamati alle armi. Fantasio ci assicurava che i Carbonari si erano svegliati, e che la setta proseguiva l'opera propria con la più grande operosità: in fede di che era stato delegato a promuovermi al secondo grado dell'ordine: il che fece nel modo più semplice, cioè comunicandomi parecchi nuovi segni di riconoscimento. Questo secondo grado non mi dava altro diritto che quello della presentazione, e subito ne feci uso col proporre la candidatura di Alfredo.
Questi grandi eventi politici, e il conseguente eccitamento dell'animo mio, mi riebbero da quell'abbattimento in cui ero caduto per quello che avevo scoperto della famiglia di Lilla e della condizione sociale di lei. L'avvicinarsi del mio ultimo esame universitario operò in me un'altra salutare diversione. Dovevo studiare molto per rimettere il tempo perduto, e lo stesso doveva far Cesare, che si trovava precisamente nello stesso caso mio. Le mattinate erano spese nelle lezioni dell'università, e una parte delle ore del dopopranzo nell'immancabile passeggiata sui bastioni di Santa Chiara. Non mi restava che la notte per studiare tranquillamente, e spesso facevo le due e le tre della mattina. Dio solo sa quante volte l'immagine di Lilla veniva a porsi tra me e il mio libro e quali sforzi erculei facevo per cacciarla. Ogni cosa però procedette secondo i miei desideri, e finalmente un giorno d'agosto, nella grande aula dell'Università e in presenza di numeroso uditorio, dopo una cicalata in cattivo latino fatta da me e da altri, fui con le debite forme insignito della toga e del berrettone, ed ebbi il grado di dottore in utroque jure.
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