Volevo andarla a trovare il giorno dopo nel giardino? Risposi che dovevo tornare la sera a San Secondo. Ebbene, volevo trovarmici fra mezz'ora? Dissi di sì, e ci separammo. L'abboccamento ebbe luogo, e mai Lilla si era mostrata così buona, così affettuosa. Ed inoltre più seria e pensierosa del solito, e nel suo contegno c'era forse una leggera ombra d'impaccio, che io attribuii al sentirsi dalla parte del torto nell'ultimo nostro incontro.
A quel tempo avevo ricuperato il mio ordinario aspetto, bello o brutto che fosse, e m'erano ricresciuti i capelli, della qual cosa mi fece molti complimenti. Era, mi diceva, in città per pochi giorni; in campagna si annoiava mortalmente, e desiderava di ritornare a Genova per vedermi ogni giorno. "Le avrei io scritto?". "Certamente, se lo desiderava". Ci separammo più amici di prima, e da quel giorno fu un continuo carteggio tra noi. Io osservavo con piacere che le sue lettere erano meno puerili del solito. In alcuna di esse v'era anche una tinta di malinconia, che mi faceva pena. Esprimeva una contrizione, che mi sembrava alquanto sproporzionata con le piccole offese che mi aveva fatte, e chiedeva supplichevolmente il mio perdono: segno manifesto che ella era mutata in meglio; almeno la pensavo così.
Non posso terminare questo capitolo senza registrare la morte del periodico fiorentino fondato da Fantasio, avvenuta dopo la rivoluzione di luglio. Il giornale non fu proibito dal Governo, né abbandonato dai suoi compilatori; eppure dovette cessare per la materiale impossibilità di tirare avanti.
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