Mi posi, secondo i suoi suggerimenti, una camicia a righe, un par di calzoni bianchi e il cappello d'incerato, e m'affrettai di tornare nella mia stanza, dove l'avevo lasciato, col mio ospite e sua moglie, e con Santina che era venuta per vedermi partire. Siccome il Capitano aveva fretta, così i congedi furono fatti alla lesta. "Grazie, Maria; grazie, Luigi: il cielo vi benedica; addio Santina". Mi curvai per abbracciarla, come avevo fatto con gli altri: ma Santina mi respinse violentemente dicendo: "Crede di spezzarmi il cuore, e di rimediarvi con un bacio e un Dio ti benedica?".
Ma che cos'hai, Santina?
domandai, sorpreso, e accortomi soltanto allora del suo sguardo stralunato e delle labbra convulse.
Ma lei non parte sul serio, non è vero?
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Per tutta risposta, le indicai il mio nuovo abbigliamento.
E perché partire?
continuò essa con un tono più forte: "non può rimaner qui? Chi penserà a cercarla in questo luogo? Noi faremo di tutto perché non le succeda nessuna disgrazia. E poi alla fine lei non ha commesso nessun delitto; e loro non le possono far niente".
Oh niente altro che impiccarlo!...
brontolò il Capitano.
Santina si scosse a queste parole, e quindi, dopo un po' di silenzio mormorò: "Ebbene, sì, parta: sicuro che deve partire subito, più presto che parte e meglio è. Vada, vada!..." mi disse volgendosi a me; e cadde sopra uno sgabello, fissando la parete con occhi stralunati, che pareva proprio l'immagine della disperazione.
Il Capitano mi accennò di partir subito. Io sentivo che il tempo stringeva; nonostante non sapevo risolvermi a lasciare quella povera ragazza senza una parola di consolazione; e mi trovavo in un terribile impaccio dinanzi a quella difficoltà imprevista.
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