Gaetano Badolisani ed altri ancora, ai quali più tardi s’aggiunse l’avvocato Francesco Paolo Bozzelli. Questo gruppo più volte sgominato per arresti, esili e morti, sempre si ricompose per la mirabile destrezza del Poerio, e tenne vivo il fuoco nel regno. Essi con l’autorità del nome, la forza dell’ingegno e della parola guidavano l’opinione liberale, consigliavano ed indirizzavano gli arditi che volevano venire a qualche fatto, governavano la somma delle cose nel regno, e spedivano lettere e corrieri in tutti gli stati d’Italia ed in Francia per pigliare accordi. Non ostante che l’Austria avesse occupato la Romagna, si disse di venire ad una rivoluzione per cacciarnela, ed ogni stato italiano acquistare libertà ed una costituzione propria, unirsi tutti in una lega nazionale. Era designato per lo scoppio il giorno 10 agosto 1833, e il moto doveva cominciare in Abruzzo. Ma le lettere, i corrieri, le parole che tra fuorusciti non si dicono a misura fecero sì che l’Austria da le spie che aveva in Francia seppe quello doveva farsi in Italia; onde stette in guardia per sé, ed avvertì gli altri governi, massime quello di Napoli. Furono arrestati il Dragonetti, e il Leopardi abruzzesi, e parecchi altri: ma fatta la causa, il solo Leopardi con altri sei fu bandito dal regno. Quella gran macchina riuscì a questo fine per un accidente ignoto a molti, e che io dirò. Il principe di Canosa, che allora era in Modena, fecesi ricordare a re Ferdinando, ed ottenne permesso di ritornare nel regno, e giunse in Aquila dove l’intendente Zurlo lo accolse a grande onore.
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